Synthworks: il sintetizzatore arrivato dal Cern

Qualche giorno fa, incuriosito da un post su Synth Cafè riguardante un synth autocostruito, mi sono imbattuto in una conversazione molto piacevole con Matteo Di Cosmo. Inutile dire che il mio interesse si è subito indirizzato verso quel piccolo sintetizzatore. Ecco qui tutto quello che c’è da sapere su questo piccolo mostriciattolo sonoro.

S.C.: Partiamo dalle fondamentali: chi è Matteo?

M.D.C.: Classe 1987, sono nato e cresciuto in una cittadina del Foggiano, uno di quei paesini in cui ogni sera spettava a te inventare qualcosa da fare. Io facevo parte della classica compagnia di ragazzi che parlavano notte e giorno di musica e di tutto quello che ci gira attorno. Ci si scambiava liste di musica da scaricare scritte a mano per chi aveva una ADSL flat. E’ in quegli anni che ho iniziato ad ascoltare roba un po’ più particolare del solito Indie/Rock (che andava fortissimo ai tempi) e mi capito’ tra le mani il disco dei Kraftwerk – RadioActivity. Ascolto che ha completamente influenzato i miei gusti musicali degli anni successivi. in quegli anni avevo sviluppato in parallelo l’interesse verso l’elettronica, e la scoperta di poter abbinare la passione della musica con l’elettronica mi fece perdere la testa. Inizia a modificare tastiere, costruire un amplificatore e…progettare un sintetizzatore. Ricordo che a quei tempi costruimmo anche una radio pirata. Purtroppo dopo poco tempo lo stadio finale si ruppe e non conoscevamo nessuno che potesse ripararlo. Tutto ciò mi ha portato a scegliere di studiare ing. elettronica a Torino.

Scusa la prefazione lunga, dopo gli anni di studio mi sono trasferitoa Ginevra dove lavoro con ing elettronico al CERN per il controllo di convertitori di potenza da ormai 6 anni. Visto che questa storia del synth andava avanti da un po’ di tempo, l’anno scorso mi sono deciso realizzare questo progetto. Ho deciso di utilizzare un componente (FPGA) col quale ho diversa esperienza.

Ero partito con l’idea di usarlo come “accompagnatore” durante i mei
sets (sono DJ senza pretese nel tempo libero) ma dopo essere rimasto
sorpreso dalla qualita’ mi sono detto perche non provare a farci un
po’ di musica? Pur non avendo vere basi musicali, mi sono lanciato in
questo progetto che mi e’ ovviamente costato parecchio del mio tempo
libero negli ultimi mesi 🙂

Il risultato e’ questo synth che misura 10x10cm e che ho quindi chiamato “The Tiny Synth”. Il motivo per cui nelle immagini si vedono due PCB affiancate e’ semplice: essendo partito tutto come proof-of-concept (non sapevo cosa aspettarmi dalla qualità sonora) e volendo evitare di produrre una scheda piu complessa includendo dal primo momento l’FPGA, ho deciso di usare un kit di valutazione (la scheda rossa).

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La primissima versione di “The Tiny Synth”
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The Tiny Synth con la scheda di valutazione

S.C.: Vuoi spiegarci meglio questo progetto?

M.D.C.: il synth e’ basato sulla sintesi sottrattiva ed e’ tutto implementato in HDL (Hardware Description Language) nell’FPGA. Offre 7 oscillatori (sine, tri, swa, noise, sub, pwm, square), due ADSRs, filtro di uscita, 3 LFOs, vibrato, tremolo. Ho implementato le funzionalità principali del protocollo midi per poterci suonare con qualsiasi tastiera. Come si vede in foto, l’interfaccia utilizzatore consiste di 16 potenziometri e 4/5 interruttori. I primi 4 potenziometri sono per il controllo degli oscillatori, gli 8 successivi per ADSR per NCA (Numeric Controlled Amplifier) e NCF (Numeric Controlled Filter), 2 per risonanza e frequenza del filtro e gli ultimi due il controllo degli LFO.

Synthworks e’ stato realizzato programmando sequenze midi e usando Logic come multi-tape recorder. La parte interessate e’ che, non avendo presets, una volta registrata una sequenza era impossibile riprodurre esattamente lo stesso suono. Quindi ogni volta che trovavo un suono interessante, ci lavoravo il più possibile per sistemarlo. A volte mi sono servito del telefono per fotografare lo stato dei potenziometri.

synth_view1

S.C.: Molti dicono che il futuro dei sintetizzatori sarà in gran parte nel monopolio FPGA: sei d’accordo?

M.D.C.: Come i frequentatori di questo blog sanno meglio di me, i sintetizzatori analogici hanno dominato il mercato fino ai primi anni 80 quando, nello stupore generale, Yamaha presento il suo synth digitale DX7, noto per essere stato uno dei synth più venduti ma anche uno dei più difficili da programmare. Fu una risoluzione senza precedenti che diede filo da torcere ad entrambi i sintetizzatori della west e della east coast. Io ovviamente non ho vissuto quel periodo ma a quanto ho capito all’epoca il grosso vantaggio dei synth digitali stava nelle infinite variabili offerte per creare nuovi suoni, l’estensione della polifonia ma soprattutto il loro costo ridotto. Tuttavia, relativamente presto, la gente si rese conto che l’analogico offriva un suono unico oltre al fato di essere più facile nell’utilizzo, permettendo quindi all’artista di concentrarsi di più sulla composizione e meno sulla programmazione. Questo, unito al fascino del vintage (aspetto ancora più determinante ai nostri tempi), ha portato alla ribalta i synths analogici.

Va anche detto che la tecnologia digitale a nostra disposizione oggi non e’ paragonabile a quella dell’epoca. Per molti, quello che rende il suono di un synth analogico incomparabile ad un synth digitale sta nella risposta non lineare dei componenti analogici utilizzati. Ma c’e molto di più di questo – come le imperfezioni costruttive, drift degli oscillatori e detuning, tutti “difetti” che secondo molti sono in realtà i pregi che rendono cosi unico il suono degli analogici. Ora, mentre gli effetti non lineari possono essere inglobati nell’algoritmo e il risultato dipende dall’accuratezza del modello utilizzato, le caratteristiche inerenti alla costruzione sono ovviamente più difficili da simulare in digitale. Ricordiamo però che secondo i puristi anche lo stesso modello analogico suona diverso con lo stesso fabbricato un anno dopo: non se ne esce ! In ogni caso credo che la sintesi digitale abbia ancora molto da dire e che ci sia ancora molto spazio per miglioramenti. Quello che e’ sicuro e’ che il digitale offre enormi vantaggi, al primo posto la flessibilità. Non e’ un caso che l’opzione ibrida si stia imponendo nel mercato offrendo i vantaggi di entrambi gli approcci: una parte digitale solitamente si occupa della generazione degli oscillatori, modulazioni e alcuni effetti mentre filtraggio e stadi di amplificazione sono analogici a dare quell’ultimo tocco di calore al suono.

Tornado alla domanda originale, FPGA e’ una tecnologia che offre enormi vantaggi rispetto a DSP, come velocità di calcolo e parallelismo. Sono sicuro che nel futuro vedremo sempre di più synth (full o hybrid) basati su questa tecnologia. Il Peak della Novation (che non era ancora uscito sul mercato quando ho iniziato il progetto), ha ufficialmente aperto le danze alla sintesi ibrida basata su FPGA e secondo quanto mi e’ stato riferito l’anno scorso all’Amsterdam Dance Event le vendite del primo anno sono andate benone, a tal punto che avevano avuto difficoltà a trovarne uno da esposizione!

S.C.: Hai mai pensato di vendere i tuoi strumenti? La qualità sonora mi sembra davvero ottima

M.D.C.: Grazie! Anche io sono rimasto sorpreso dalla qualità del suono, soprattutto tenuto conto del fatto che tutto era partito per farci del rumore! Da quando ho pubblicato il progetto svariate persone mi hanno contattato chiedendomi se pensavo di vendere il synth o se potevo prestarlo. Come ho già detto e’ nato tutto per divertimento e soddisfazione personale. Un progetto che prevedevo di avviare tanti anni fa e che mi e’ costato un bel po’ di tempo. Ovviamente l’idea di renderlo commerciale mi e’ passata per la testa ma allo stesso tempo sono consapevole del fatto che ciò richiederebbe un sforzo non da poco. Fare un synth da cameretta e’ una cosa, renderlo vendibile un’altra! Al momento i miei impegni lavorativi non mi permettono di investirci troppo tempo pero’ chissà…magari un giorno cambierò idea!

Ecco una piccola carrellata di esempi audio di Synthworks:

 

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